martedì, agosto 21, 2007

[Una pillola azzurro pallido]

[Ruzena è morta.]

Il suo corpo senza vita giace ormai sulle nude piastrelle della sala abluzioni.
Ruzena è morta.
Le mani al ventre, gli occhi senza più vista, ultimo specchio di quel dolore che l'ha strappata via da noi.
Ruzena è morta, e quella piccola pillola azzurro pallido è stata il suo boia.
Il lettore piange e si dispera, illuso aveva creduto che l'autore lo risparmiasse dall'assistere a tale atrocità.
Nessuno conoscerà quell'essere radioso pieno d'amore, quella creatura risplendente di nobiltà d'animo che ella era diventata dopo la scorsa notte.
Nessuno dei casuali spettatori della sua vita scoprirà mai ciò.
Nè il povero giovane idraulico arso d'amore.
Nè le anziane e grasse pazienti della piccola stazione termale, nude come vestali al suo capezzale.
Nemmeno il lettore saprà mai a che vette avrebbe potuto giungere quell'animo puro e purificato dall'amore.
Sconvolto, umiliato, disperato, il lettore chiude il piccolo volume, senza più forza di proseguire.
Sperando solo che il sonno allontani quelle disgraziate immagini, osa credere prima di chiudere gli occhi in qualche sorta di miracolo.
Ma l'inganno non dura.
Prima dell'oblio un pensiero lucente e rapido come una saetta lo rassicura:
la giovane e dolce infermiera Ruzena, con il ventre gravido di una nuova vita, è uscita di scena.

La morte sul bordo di una piscina, dentro una piccola stazione termale.
Per capire come il mondo moderno ci abbia anche tolto il diritto alla tragedia.

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